Questa è la roccia, tutt'ora esistente, davanti alla quale ebbi l'intuizione dell'eterno ritorno, come ho scritto in "Ecce homo".
Conosco la mia sorte. Un giorno sarà legato al mio nome il ricordo di qualcosa di enorme - una crisi, quale mai si era vista sulla terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono dinamite. (Ecce Homo)
Ho letto il tuo pensiero sull’eterno ritorno, vorrei però sapere qual è il tuo pensiero circa l’influenza della storia sull’uomo.
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RispondiEliminaNelle quattro Considerazioni inattuali, ho espresso un’aspra critica nei confronti della cultura contemporanea. Nella seconda considerazione inattuale, Sull’utilità e il danno della storia per la vita, intendo accusare lo storicismo, che intende la storia come un continuo divenire organico, di infondere un senso di impotenza nei confronti del presente. Come non è la razionalità tout court a essere dannosa per l’uomo, ma il suo eccesso, così la storia è utile per la vita solo se si mantiene entro giusti limiti, cioè se non immobilizza l’azione degli individui. La storia deve, quindi, rimanere al servizio della vita, senza farsi pura “scienza del divenire universale”. L’uomo contemporaneo, abituato, in un’ottica storicistica, a riconoscere come caduco e passeggero ogni evento della storia e a concepire ogni momento, compreso se stesso, come risultato di un processo necessario, ritiene privo di qualsiasi valore il suo impegno nel presente.
“In tre riguardi al vivente occorre la storia: essa gli occorre in quanto è attivo e ha aspirazioni, in quanto preserva e venera, in quanto soffre e ha bisogno di liberazione.” (Sull’utilità e il danno della storia per la vita)